Perché capita che un bambino o un ragazzo, più o meno improvvisamente, si rifiuti di andare a scuola? Cosa succede? Cos’è che non gli permette, nonostante i numerosi tentativi dei genitori ed insegnanti, di tornare?
A volte è quasi un fulmine a ciel sereno, altre volte il rifiuto ostinato segue un periodo più o meno lungo di difficoltà a frequentare, con assenze ripetute croniche che infine precipitano in un blocco della frequenza.
Tale disturbo riguarda l’1-5% dei ragazzi in età scolare senza differenze di genere, dai dati presenti in letteratura sembra più frequente in alcuni delicati cambiamenti evolutivi quali l’inserimento nella scuola elementare (5-6 anni) e il passaggio alle scuole medie (10-11 anni).
Il rifiuto scolare non va confuso con l’assenza ingiustificata da scuola, quest’ultimo è un comportamento in cui è assente l’ansia e la paura eccessiva di frequentare la scuola e spesso è associato a comportamenti antisociali e alla mancanza di interesse per la propria formazione scolastica.
Il ragazzo che soffre di “Fobia Scolare” può assentarsi dalla scuola fin dall’inizio della giornata, o può recarsi a scuola e poi, dopo poche ore, chiedere di tornare a casa.
Il disturbo si caratterizza per i seguenti comportamenti problematici e sintomi somatici:
Spesso il ragazzino mantiene gli altri impegni quotidiani, sport, amici, altre volte tende a chiudersi in casa e a lasciare anche gli altri impegni e occasioni di vita fuori casa, per limitarsi a uscire solo in compagnia dei familiari o parenti stretti.
LE CAUSE
Tra i fattori che maggiormente incidono nel predisporre e scatenare un rifiuto della scuola troviamo quelli ambientali. I sintomi possono iniziare in seguito ad eventi di vita stressanti che si sono verificati a casa o a scuola, tra cui la propria malattia o di un membro della famiglia, la separazione tra i genitori, la separazione transitoria da uno dei genitori, relazioni conflittuali nella famiglia, un legame disadattivo con uno dei genitori, problemi con il gruppo dei pari o con un insegnante, il ritorno a scuola dopo una lunga interruzione o vacanza.
Gli atti di bullismo sono da ricercare come diagnosi differenziale, poiché, come dice il termine stesso ‘fobie’, il rifiuto della scuola in realtà non è imputabile ad eventi o situazioni reali bensì, come nelle classiche ‘fobie’ nevrotiche (agorafobia, claustrofobia, ecc), la paura che blocca non è legata a una causa reale, o meglio la paura è collegata a un oggetto o situazione ‘non colpevoli’, cioè la scuola. Esattamente come una fobia dell’ascensore si sviluppa senza alcuna colpa specifica dell’ascensore, che appunto tutti gli altri continuano ad usare, anche se qualche volta può fermarsi.
Come nelle altre fobie, se la situazione oggetto di paura viene evitata, cioè la persona non è esposta alla situazione che fa scattare il suo malessere, il soggetto si comporta normalmente e non presenta altri sintomi o segni di alterazione del comportamento o del funzionamento mentale.
Se si interviene nei primi tempi del rifiuto della scuola spesso il problema si riduce e anche si risolve abbastanza rapidamente. Se la situazione di assenza da scuola va avanti a lungo le cose tendono a diventare più complesse e difficili.
Anche in altri casi è impressione di molti che la paura di andare a scuola copra una paura legata alla casa, sentita come non sicura, quasi che il ragazzo volesse restare a fare il ‘guardiano del faro’ in casa, non fidandosi degli adulti e temendo di non ritrovare ‘le cose a posto’ al suo rientro da un’assenza prolungata ed obbligata come quella per la scuola.
In altre parole il ragazzo mostra un bisogno di controllare lui la situazione e ha paura di perderne il controllo. Anche i rientri a casa da scuola prima dell’orario, con motivazioni di malesseri o altro che scompaiono al rientro a casa, appaiono collegati a timori relativi a casa, più che non a scuola, e al bisogno di riprendere il controllo.
L’intervento è di solito complesso e rivolto sia all’interessato che alla famiglia che alla scuola, e vede in campo psicoterapeuti ed educatori. Si cercano in questi casi anche vie alternative per proseguire gli studi, a volte da privatista o presso scuole serali o corsi di recupero variamente organizzati.
Se l’intervento è tempestivo e le problematiche non sono troppo incistate il recupero della frequenza è abbastanza rapido. Si osserva di frequente che il ragazzo o la ragazza riesce a frequentare se è accompagnato da un familiare che a volte deve stare di necessità in classe, altre volte può stare nelle immediate vicinanze, sul corridoio, ecc. Talora il familiare iniziale, per lo più la mamma, può essere sostituito progressivamente da un altro, la nonna, ecc, come in un alternanza di ruolo ‘rassicurante’. Sulla base di questo spesso nell’intervento si tenta di introdurre un educatore per svolgere questa funzione e diminuire la necessità di presenza di un familiare, in pratica con un’azione di decondizionamento.
In altri casi, di solito di inizio adolescenza, il rifiuto della scuola si accompagna ad altre difficoltà evolutive e alterazioni del comportamento ed è allora il sintomo di uno scompenso adolescenziale strisciante che può prendere varie forme nella sua evoluzione, con abbandono scolastico e manifestazioni di altro tipo: su un versante più comportamentale, con tendenza all’isolamento in casa (fobia sociale) o con condotte a rischio; su un versante più nevrotico, con aspetti fobici e ossessivi, o talora su un versante più psicotico.
LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
Ciò che maggiormente interessa dal punto di vista terapeutico è correggere i fattori di mantenimento del disturbo. E’ chiaro che attraverso i comportamenti di evitamento o di fuga da eventi spiacevoli si ottiene una riduzione dell’ansia, a questo si aggiunge il rinforzo positivo che il bambino riceve nello stare a casa.
A seconda dello scopo perseguito,sono quattro profili funzionali che si possono rilevare:
La terapia cognitiva-comportamentale si è dimostrata molto efficace per i disturbi di ansia, numerosi sono i dati disponibili in letteratura rispetto a molteplici studi controllati. Nello specifico il trattamento cognitivo-comportamentale da utilizzare con bambini che rifiutano la scuola si basa sui fattori di mantenimento che emergono con l’analisi funzionale. In generale l’intervento è individualizzato e prevede vari step e tecniche, in questo percorso graduato sono coinvolti i genitori e la scuola.
All’inizio è utile un apporto psicoeducativo per comprendere la natura e il processo dell’ansia, per poi identificare i pensieri disfunzionali (rispetto a sé, gli eventi, le attività, la separazione dalla figura di attaccamento) verso cui promuovere una ristrutturazione cognitiva. Il ritorno a scuola può essere graduale e concordato, nei tempi e nelle modalità, con gli insegnanti e il personale scolastico.
L’efficacia della terapia cognitiva-comportamentale è stata dimostrata in termini di riduzione dell’ansia, aumento del senso di autoefficacia personale e ripresa della frequenza scolastica.